RIFLESSIONI SULLE PROBLEMATICHE AMBIENTALI (lavoro svolto dalla IIC)

Sebbene le politiche ambientali siano di competenza dei singoli governi ciascuno di noi, nel suo piccolo, può contribuire allo sviluppo sostenibile lasciando - per utilizzare l’indice statistico ideato nel 1996 dagli ecologi statunitensi Rees e Wackernagel - la più leggera “impronta ecologica”.

Ciò implica il rispetto degli ambienti naturali nei quali trascorriamo il nostro tempo, praticare la raccolta differenziata dei rifiuti, convincere i nostri familiari a ridurre l’uso dell’automobile e privilegiare i mezzi pubblici e la bici, utilizzare con parsimonia l’acqua e l’energia elettrica, cercare di acquistare prodotti ottenuti con procedure che rispettino l’ambiente…

Nel nostro testo si parla anche di sviluppo ecocompatibile che non distrugga l’ambiente dato che gli habitat naturali sono costantemente minacciati da molti fattori. I fumi industriali inquinano l’atmosfera, la deforestazione incontrollata distrugge le aree verdi del pianeta; le sostanze chimiche tossiche, i fertilizzanti e i pesticidi usati in agricoltura inquinano fiumi, laghi e il suolo; la pesca indiscriminata e le perdite di greggio dalle petroliere o i residui della sua lavorazione scaricati in mare distruggono gli habitat marini; i rifiuti non smaltiti sono pericolosamente inquinanti (ricordiamo che un sacchetto di plastica ha una vita media di 400 anni, una bottiglia almeno 100 anni).

L’agenda 2030, attraverso una serie di obiettivi da raggiungere entro il 2030, intende contribuire allo sviluppo economico, promuovere il benessere dell’umanità e proteggere l’ambiente. Fra i suoi obiettivi di sviluppo sostenibile (in tutto 17) il n° 6 è proprio “Garantire la disponibilità e la gestione stabile di acqua e servizi igienici per tutti”.

L’accesso all’acqua potabile è un diritto umano fondamentale. Purtroppo in molte aree del mondo vi è scarsità d’acqua o pur essendovi acqua potabile vi sono infrastrutture scadenti o una cattiva gestione economica col risultato che circa un terzo della popolazione mondiale ha problemi di approvvigionamento e milioni di persone muoiono per malattie dovute anche a livelli di igiene inadeguati. Esistono inoltre forti squilibri in relazione al consumo procapite giornaliero di acqua fra Paesi industrializzati e Paesi sottosviluppati (secondo un dato statistico del 2000 gli USA e il Canada hanno un consumo di acqua di 600 litri giornalieri pro-capite, l’Italia 350/400 litri contro i 30 litri giornalieri dell’Africa).

Sicuramente per far fronte al problema idrico globale occorre assumere comportamenti che portino a ridurre lo spreco dell’acqua a tutti i livelli (domestico, industriale, agricolo) e a evitare gli inquinamenti, in particolare delle falde freatiche che sono preziose riserve d’acqua.

A livello domestico potremmo ad esempio optare per la doccia anziché per il bagno (il consumo d’acqua è minore); se un rubinetto gocciola o in generale c’è una perdita d’acqua, sarebbe opportuno attivarsi con tempestività per far riparare il guasto; l’acqua usata per lavare le verdure potrebbe essere raccolta e riutilizzata per annaffiare le piante; sarebbe anche opportuno usare la lavatrice o la lavastoviglie a pieno carico o quantomeno utilizzare programmi rapidi.

Chiara Odette Sgroi

 

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